Nel quattordicesimo libro dell’Antologia Palatina ci sono due epigrammi enigmistici molto simili. Ecco il primo (AP 14.105):
Εἰμὶ χαμαίζηλον ζῴων μέλος· ἢν δ᾽ ἀφέλῃς μου
γράμμα μόνον, κεφαλῆς γίνομαι ἄλλο μερος·
ἢν δ᾽ ἕτερον, ζῷον πάλιν ἔσσομαι· ἢν δὲ καὶ ἄλλο,
οὐ μόνον εὑρήσεις, ἀλλὰ διηκόσια.
Sono la parte del corpo degli esseri viventi più vicina al suolo; ma se mi togli
una sola lettera, divento un’altra parte della testa;
se me ne togli un’altra, diventerò un animale; se poi me ne togli un’altra ancora,
non troverai una cosa sola, ma duecento.
L’indovinello ha quattro soluzioni, che si trovano attraverso una serie di eliminazioni progressive della lettera iniziale: si parte da ποῦς (‘piede’) per poi passare, attraverso l’eliminazione della prima lettera, la π, a οὖς (‘orecchio’), che a sua volta, perdendo l’iniziale ο, si trasforma in ὗς (‘maiale’), per terminare, dopo l’eliminazione dell’iniziale υ, con la lettera ς (il sigma, che nel sistema numerico greco equivale alla cifra ‘duecento’).1
Il secondo, che nell’unico manoscritto che lo riporta è collocato subito dopo, segue la falsariga del precedente fino alla conclusione, che è diversa (AP 14.106):
Τέσσαρα γράμματ᾽ ἔχων ἀνύω τρίβον· ἢν δὲ τὸ πρῶτον
γράμμ’ ἀφέλῃς, ἀίω· καὶ τὸ μετ’ αὐτὸ πάλιν,
βορβόρῳ εὑρήσεις ἐμὲ φίλτατον· ἢν δὲ τὸ λοῖσθον
αἴρῃς, εὑρήσεις κἀπίρρημα τόπου.
Con quattro lettere agisco calpestando; ma se mi togli la prima lettera,
ascolto; e se dopo mi togli pure quella che la segue,
troverai che sono molto amato dal fango; se invece mi togli
l’ultima, troverai che sono un avverbio di luogo.
In questa variante le prime tre soluzioni sono le stesse, per quanto indicate in modo diverso: ποῦς / ‘piede’, οὖς / ‘orecchio’, ὗς / ‘maiale’. La variazione arriva con l’ultimo termine: se, anziché togliere la prima lettera di ποῦς, si toglie l’ultima, il risultato è l’avverbio di luogo οὖ (che significa ‘dove’).2
Entrambi i componimenti rappresentano una forma di indovinello in versi destinata a diventare assai popolare nei secoli seguenti, caratterizzati da queste eliminazioni progressive: i casi più noti sono gli indovinelli che hanno come soluzione il ‘gamberetto’ (καρίς) e il ‘favo da miele’ (κηρίον).3
Ma, tornando ai due enigmi da cui siamo partiti, va detto che esistono numerose variazioni bizantine – alcune edite, altre ancora inedite – che partono tutte dalla stessa soluzione, il piede: questo contributo si propone come obiettivo la discussione di questo indovinello multiforme per giungere ad alcune considerazioni sul genere popolare di questa forma letteraria.
Cominciamo da un enigma che si trova in una delle raccolte più note di indovinelli bizantini, quella che molti manoscritti attribuiscono a un personaggio misterioso chiamato Basilio Megalomite, edita per la prima volta da Jean-François Boissonade (1831)4:
Κατώτερον μέν εἰμι τῶν ὅλων μέρος·
ἀνώτερον δὲ γίνομαι πάλιν ὅλων,
πρώτου γράμματος ἀφαιρεθέντος μόνου.
Τοῦ δευτέρου δὲ πάλιν ἐκβεβλημένου,
κλῆσιν παρευθὺς λαμβάνω τετραπόδου.
Di tutte le parti, sono la più bassa,
ma divento la più alta di tutte
se mi viene tolta la prima lettera.
Se poi viene gettata via anche la seconda,
ricevo subito il nome di un quadrupede.5
Come si vede, i primi due indizi sono simili a quelli di AP 14.105 (le due parti del corpo sono contraddistinte dalla loro posizione, in un caso bassa e nell’altro alta); il terzo fa riferimento a un animale; il quarto manca.
Lo stesso indovinello è presente, con pochissime varianti, anche in altri manoscritti che ci hanno conservato due raccolte non molto diverse da quelle di Basilio, la prima anonima e la seconda attribuita a un certo Gerasimo, patriarca di Alessandria.6
Nella raccolta di Gerasimo troviamo anche un indovinello contenuto nella raccolta di Basilio con le stesse tre soluzioni progressive, che si presentano però sotto formulazioni differenti:
Ἐν γράμμασι τέσσαρσι συλλαβὴν μίαν
εἰς κλῆσιν αὐχῶ· τῶν βροτῶν δ’ εἰμὶ μέλος.
Ὁ γοῦν τὸ πρῶτον ἐξελὼν τῶν γραμμάτων
εὕρῃ με πάντως ἄλλο τι βροτῶν μέλος·
τούτων δὲ πάλιν τις τὸ πρῶτον ἐκξέσας,
ἕξει με πάντως ζῶον ἓν τῶν χρησίμων,
ἐν τῇ τελευτῇ καὶ μόνη βροτοὺς τρέφον.
Sono orgoglioso d’avere un nome formato da una sillaba sola
con quattro lettere: sono una parte degli uomini.
Chi mi toglie la prima delle lettere
potrebbe scoprire che sono un’altra parte degli uomini completamente diversa;
se qualcuno dovesse raschiare di nuovo la prima lettera,
otterrà me, l’unico animale utile,
il solo che nutre gli uomini fino alla fine.7
Qui curiosamente troviamo, al posto di μέρος, μέλος – come nella variante edita da Kition: è evidente che si tratta di due termini equivalenti, anche se il primo, essendo più generico rispetto a μέλος (che tra i suoi significati propri ha quello di “parte del corpo”), rende l’indovinello un po’ più difficile.
Questi due indovinelli (e lo stesso vale per quelli che seguiranno) si presentano inoltre in una forma metrica diversa: a differenza di quelli conservati dall’Antologia Palatina, che sono in distici elegiaci (il metro tipico dell’epigramma), sono in dodecasillabi, il metro che a partire dal IX secolo sostituisce il trimetro giambico.
Le altre varianti tra le quattro versioni sono comunque più evidenti: Boissonade stampa il testo del Par. gr. 1630, segnalando in nota che, al v. 5, il Par. gr. 968 ha τούτων δὲ πάλιν εἴ τις τὸ πρῶτον ξέσει (forse sintatticamente migliore); quella stampata da Evanghelides (la n. 8) presenta lo stesso numero di versi con molte varianti di peso non elevato, mentre quella stampata da Sophronios (la n. 3), scorretta per quel che riguarda il metro, è mutila, perché mancano gli ultimi tre versi con gli indizi che portano alla terza soluzione (il maiale).8
Le ultime due versioni che esamineremo sono molto diverse sia tra di loro sia da quelle che abbiamo visto finora.
La prima versione, conservata in un codice atonita che è una vera e propria miniera per gli appassionati di indovinelli bizantini, il ms. Athos Dionysii 347, è stata pubblicata per la prima volta da Spyridon Lambros (1885).9 Settimo di venticinque enigmi fino a quel momento sconosciuti, si caratterizza soprattutto per la sua notevole lunghezza (ben 17 versi):
Ἐγὼ μέλος πέφυκ᾽ οὐκ ἀνθρώπου μόνον,
ἀλλὰ καὶ ζῴων δι’ ἐμοῦ κινουμένων.
Ἐν πᾶσι τούτοις κατώτατον εὑρέθην.
Στοιχεῖα δ’ αὖ τῶν συνιστώντων τὸν λόγον
δὶς δύο κλήσεως ποιεῖ μου τὸν λόγον,
σύμφωνα δύο καὶ φωνήεντα δύο.
Ποιεῖ δ’ ἀριθμὸν τὰ στοιχεῖα δὴ τάδε
πεντηκοντάδας πεντεκαίδεκα μόνας.
Τεμὼν κεφαλὴν μου δὲ τὴν τῶν γραμμάτων,
ἀνώτατον μελῶν τῶν ἄλλων εὑρέθην.
Τὸ ταχθέν μοι δὲ δεύτερον τῶν γραμμάτων
ἂν ἐξελεῖν βουληθείης ὡς τὸ πρῶτον,
ζῴου πέφυκα κλῆσις τῶν τετραπόδων
εἰς βρῶσιν τοῖς βροτοῖς ἐκκειμένου μόνον.
Τῶν γραμμάτων δ’ ἂν ἐκβάλῃς καὶ τὸ τρίτον,
ἓν λείπομαι τῶν στοιχείων τῶν τοῦ λόγου,
ποιεῖ δέ μ’ εὐθεῖα γραμμὴ καὶ καμπύλη.
Io sono una parte non solo di un uomo,
ma anche di animali che si muovono grazie a me.
In tutti questi si scopre che sono in assoluto il più basso. Il numero delle lettere che formano il mio nome
corrisponde, se contato, a due volte due,
due consonanti e due vocali.
Queste lettere formano il numero
cinquanta volte quindici.
Se si taglia la testa delle mie lettere,
si scopre che sono la più alta delle altre parti.
Se tu volessi distruggere, come hai fatto con la prima, la seconda lettera dopo che è diventata la prima,
divento il nome di un animale che fa parte dei quadrupedi, buono soltanto come nutrimento per i mortali.
Se getti via anche la terza lettera,
quel che rimane di me è una sola delle lettere del mio nome, formata da un tratto diritto e da un tratto ricurvo.
In aggiunta ai soliti indizi, che riproducono, in forma assai meno concisa, quelli che permettono al solutore di indovinare le prime tre soluzioni (l’opposizione κατώτατον / ἀνώτατον rimanda in modo chiaro a Basilio 12), troviamo qui, oltre all’indizio finale relativo al quarto enigma, un’altra indicazione, relativa al numero delle lettere della soluzione più importante, basata sul principio dell’isopsefia.
Si tratta di un indizio presente in molti indovinelli bizantini, che costituisce una sorta di prova del nove per il solutore, permettendogli di avere la prova definitiva che la soluzione da lui trovata è proprio quella giusta. In questo caso, il calcolo numerico suggerito dai vv. 7-8 torna alla perfezione: la somma dei valori corrispondenti alle quattro lettere della parola πούς (π 80, ο 70, υ 200, ς 400) è proprio 750 (la cifra che l’autore dell’indovinello aveva indicato con 50 x 15).
Non si tratta peraltro dell’unico aiuto fornito al solutore: ai vv. 4-6 viene detto anche il numero delle lettere della prima soluzione (2 x 2), oltre al fatto che sono due vocali e due consonanti.
Risulta infine singolare (o, in ogni caso, si presenta diverso da come si legge in AP 14.105) il modo per indicare la quarta soluzione: il sigma viene definito non per il suo valore numerico (200), ma per la sua forma. Non si tratta di un caso unico, nella tradizione degli indovinelli bizantini: nella versione longior del già citato indovinello del “favo” presente nella raccolta di Basilio Megalomite (6 Boissonade), l’ultimo indizio (εἰ δ᾽ αὖ σὺν αὐταῖς καὶ πέμπτην διατέμῃς, / γραμμαὶ συιστῶσί με τρεῖς) è la descrizione della lettera (maiuscola) Ν, che è per l’appunto formata da tre linee rette (τρεῖς … γραμμαί).
E, in ogni caso, riconoscere una lettera attraverso la sua descrizione poteva essere in un certo senso considerato una sorta di gioco enigmistico: lo dimostrano tre passi tragici citati da Ateneo nella sezione del decimo libro dei Deipnosofisti dedicata proprio agli indovinelli (che erano un tipico passatempo da simposio) dove un contadino analfabeta fa capire a un personaggio tragico il significato di un nome che ha visto (ma non è stato in grado di leggere) proprio descrivendo in modo dettagliato la forma delle lettere.10
La seconda versione è l’opposto di quella che abbiamo appena visto: tanto quella era lunga quanto questa è breve. A conservarla è il Vaticanus Gr. 1579, databile alla fine del XV secolo; al f. 127 si leggono quattro indovinelli che fanno parte della collezione di Basilio, con l’ultimo che si presenta in questo modo:
Μιᾶς καὶ μόνης συλλαβῆς εἰμὶ μέλος.
Ἔσχατον πάντων τῇ δὲ ἰσχύει μέγα.
Πρῶτον δὲ γράμμα τὸ ἐμὸν εἰ καλύψεις,
εὕρεις με μήρος ἐκ τῶν πέντε τὶ μέγα.
Sono una parte (del corpo), formata da una, e una sola, sillaba.
Pur essendo l’ultima di tutte, qui è molto forte.
Se nasconderai la mia prima lettera,
troverai che sono una grande parte delle cinque (parti).11
Delle quattro soluzioni, qui ne rimangono solo due; della prima si dice che è “l’ultima” (una variazione rispetto al κατώτατον degli enigmi precedenti), aggiungendo che è formata da un monosillabo e che è “molto forte” (perché il piede sostiene tutto il corpo); della seconda viene usata la formula (“una delle cinque parti”, intesa come “una delle parti del corpo che sono collegate a uno dei cinque sensi”) che troviamo in altri indovinelli a proposito del naso (ῥίς), che è una delle soluzioni progressive dal già citato indovinello del ‘gamberetto’ (καρίς).
Se sei versioni per un solo indovinello sembrano tante, che cosa dire di tutte le numerose varianti dove, a cambiare, è quasi esclusivamente la parola iniziale, lasciando pressoché invariate le altre soluzioni? Mi riferisco a quegli enigmi dove la prima soluzione è un’altra parola composta sempre da quattro lettere, ma con un’iniziale diversa: βοῦς (“bue”), νοῦς (“mente”) o ῥοῦς (“corrente”) – per non parlare di quelli dove l’indovinello parte da una soluzione di cinque lettere, come πνοῦς (“respiro”) e χνοῦς (“polvere”).
Non è questa la sede adatta per analizzare e discutere tutte queste varianti (ma prometto di farlo sicuramente quanto prima), che sono provocate dal fatto che l’indovinello, per sua natura, ha soprattutto un’origine popolare, dove le differenze si devono senz’altro al desiderio dei diversi autori di innovare, pur restando nel solco delle costruzioni enigmistiche precedenti.
È una pratica che non conosce confini temporali e che può essere messa a frutto anche ai giorni nostri. Se posso concludere con un esempio personale, nella mia storia del manoscritto palatino (Beta 2017) ho inventato un indovinello analogo per far capire ai miei lettori come funzionava l’enigmistica bizantina – e l’abile traduttore francese, Thomas Penguilly (Beta 2019), anziché limitarsi a tradurlo, ne ha composto uno a sua volta.
Questo a dimostrazione che la lunga storia degli insegnamenti degli antichi può imboccare non solo grandi strade panoramiche e spettacolari (mi riferisco ovviamente all’eredità dei classici più famosi) ma anche sentieri più remoti ma altrettanto suggestivi.
Bibliografia
L’indovinello, che è riportato secondo il testo presente nell’edizione di F. Buffière (1970), è stato scelto da Neil Hopkinson nella sua antologia (Hopkinson 1994) come esempio degli epigrammi enigmistici della tarda antichità.↩︎
Su questi due indovinelli vedi anche Konrad Ohlert (1912, pp. 218, 211) e Luisa Schneider (2020b, pp. 373-4, 376-7.).↩︎
Nella raccolta curata da Čelica Milovanović (1986) sono rispettivamente gli indovinelli 110 e 128; ne ho discusso ampiamente in due articoli precedenti (Beta 2014, pp. 216-218; Beta 2016, pp. 17-9); vedi anche Schneider (2020b, pp. 374-5 e 389-91).↩︎
I due manoscritti parigini usati per l’edizione di quella che Boissonade chiamò Αἰνίγματα συντεθέντα παρὰ Βασιλείου τοῦ Μεγαλομίτου, contenente 42 indovinelli, sono il Par. gr. 968 (ff. 207-210), più recente (XV sec.), e il Par. gr. 1630 (ff. 137-139), più antico (XIV sec.). Sul nome “Basilius Megalomytes” vedi Alan Cameron (1970, p. 342, n. 8). Questi indovinelli furono successivamente pubblicati da Edme Cougny (1890).↩︎
Nell’edizione di Boissonade (1831) è il n. 12 (55 Cougny (1890) = 112 Milovanović (1986)); cfr. Schneider (2020b, pp. 375-6).↩︎
La prima raccolta, contenuta in un manoscritto appartenuto al preside di una scuola commerciale, è stata pubblicata da Nikodemos Kytion (1925); nell’indovinello (che è il n. 20), troviamo al primo verso la variante μέλος al posto di μέρος. Per la seconda raccolta (che è contenuta in molti manoscritti recenti, tutti vergati tra il XVII e il XVIII secolo) vedi l’edizione di Tryphonos E. Evanghelides (1932), dove è il n. 7, con le integrazioni di L. Sophronios (1933), che nel recensire l’articolo di Evanghelides vi ha aggiunto gli enigmi presenti in un’altra raccolta, attribuita allo stesso autore e conservata dal ms. Athos Lavras 750 (η 95), databile al XVIII secolo, dove è il nostro indovinello è il n. 4.↩︎
Nell’edizione di Boissonade (1831) è il n. 36; in quella di Cougny (1890) è il 56, mentre la Milovanović (1986, p. 407), che non lo riporta nella sua collezione, si limita a menzionarlo nell’apparato dell’indovinello precedente. Cfr. Schneider (2020b, pp. 469-70; 2020a, p. 407).↩︎
Evanghelides (1932): Ἐν γράμμασι τέσσαρσι συλλαβὴν μίαν / εἰς κλῆσιν ἔχω τῶν βροτῶν δ’ εἰμὶ μέρος· / ὁ μὲν τὸ πρῶτον ἐξελὼν τῶν γραμμάτων / εὕρηκε πάντως τῶν βροτῶν ἄλλο μέλος. / Τοῦ δὲ τὸ δεύτερον πάλιν τις ξέσας, / ἕξει με πάντως ζώων ἓν τῶν χρησίμων, / ἐν τῇ τελευτῇ καὶ μόνῃ βροτοὺς τρέφον. Sophronios (1933): Ἐν γράμμασι τέσσαρσι συλλαβὴν φέρω μίαν / ἐς κλῆσιν αὐχῶ τῶν βροτῶν δ’ εἰμὶ μέλος· / ὁ γοῦν τὸ πρῶτον ἐξελὼν τῶν γραμμάτων / ἀκοῆς εὑρήσοι με αἰσθητήριον ὄντως.↩︎
Una seconda silloge di indovinelli tratti dallo stesso manoscritto è stata pubblicata postuma, a suo nome, quasi quarant’anni dopo (Lambros 1923). Il manoscritto (3881 Lambros) è databile al XVI secolo.↩︎
Ateneo, Deipnosofisti 10.453b-454f; il nome è quello di Teseo; i tragici citati sono Euripide (fr. 382 Kn., dal Teseo), Agatone (fr. 4 Kannicht-Snell, dal Telefo) e Teodette (fr. 6 Kannicht-Snell, da una tragedia sconosciuta); il passo si conclude con la menzione di Sofocle, che nel perduto Anfiarao aveva introdotto un personaggio che danzando mimava le lettere dell’alfabeto (fr. 121 Radt). Sull’aspetto grafico delle lettere dell’alfabeto greco si fondava molto probabilmente la misteriosa Commedia delle lettere dell’ateniese Callia citata da Ateneo nello stesso capitolo (453c-454a); cfr. da ultimo A. Boschi (2016).↩︎
I primi tre indovinelli sono Basilio 19 Boissonade (1831) = 97 Milovanović (1986) (soluzione: la mela), 26 Boissonade = 71 Milovanović (soluzione: la bilancia), 24 Boissonade = 53 Milovanović (soluzione: Giona).↩︎